SOLLECITAZIONE STATICA E SOLLECITAZIONE DINAMICA: DIFFERENZE
Un materiale sottoposto all’azione di un carico (forza), reagisce a livello strutturale cambiando in maniera microscopica la sua geometria. Senza volerci spingere a livello microstrutturale e in argomenti propri della fisica dello stato solido, conviene semplificare la questione dicendo che nel materiale sottoposto a carico si genera uno stato di sforzo, che abbiamo chiamato σ. La scienza delle costruzioni ha fornito le conoscenze necessarie per stimare lo sforzo, in funzione dei seguenti fattori:
- Proprietà fisiche del materiale.
- Caratteristiche geometriche del materiale.
- Tipologia dello stato di sollecitazione.
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Proprietà fisiche del materiale
Nel caso della molla a compressione il materiale è sottoposto a torsione, questo comporta che il modulo di elasticità da considerare non è E (modulo di Young) che vale per gli sforzi di trazione e compressione, ma G (modulo di elasticità torsionale). Inoltre la sollecitazione è tangenziale alla sezione e non ortogonale. Quindi tecnicamente non si chiama σ ma τ(tau).
Come detto E e quindi G sono tipici di ogni materiale e rappresentano le proprietà fisiche del materiale. Entrambi hanno le dimensioni di una pressione e si misurano in Mpa (mega Pascal, 106 Pascal). Vediamo alcuni valori tipici per i materiali più usati in ambito elastico.
Acciaio al carbonio: 81.500 Mpa.
Acciaio inox 1.4310: 73.000 Mpa.
Acciaio legato Cr Si: 79.500 Mpa.
Bronzo Fosforoso: 42-44.000 Mpa.
Caratteristiche geometriche del materiale
I fattori geometrici che contribuiscono a definire la sollecitazione sono il diametro del filo, il diametro medio di avvolgimento e il numero delle spire.
Tipologia dello stato di sollecitazione
La sollecitazione è ovviamente proporzionale alla lunghezza di compressione. Quindi in ambito elastico (ricordatevi la legge di Hooke), la sollecitazione è una funzione lineare della quota di lavoro. Più comprimo e maggiore è la sollecitazione.
Incominciamo a considerare un fattore che esula dalla geometria della molla, e che invece proviene dall’esperienza e dagli studi sui materiali. Questo fattore è il numero di cicli di compressione.
Abitualmente la molla si trova inserita nella applicazione che la utilizza, in uno stato di pre-carica (compressione alla quota L1). Successivamente viene attivata (ulteriormente compressa alla quota L2), si definisce ciclo un azionamento completo, l’andata da L1 a L2 e ritorno in L1.
Si considera l’applicazione statica se il numero dei cicli è inferiore a 10.000, nell’intera durata della vita della molla.
In questo caso valgono le considerazioni fatte sul carico di rottura, ovvero la molla si rompe se comprimendola, non solo la deformo ma supero localmente nella sezione del filo il carico di rottura.
Succede spesso che la geometria della molla, impedisce il raggiungimento del carico di rottura. Di fatto non esiste una corsa sufficiente per indurre nel filo uno stato torsionale che porti alla rottura.
Quindi per le molle a compressione in regime statico, si verifica la sollecitazione nella configurazione peggiore (quota L2) e se questa è inferiore al limite di sicurezza la molla non si romperà, almeno per fattori imputabili alla meccanica della molla.
Quando si superano i 10.000 cicli e si incomincia a ragionare in termini di 105 – 106 – 107 cicli e oltre, entriamo nel regime di sollecitazione dinamico.
La formula con cui si calcola la sollecitazione statica non è più valida, o meglio va corretta con un fattore K, che aumenta il valore a parità di condizione. Cioè ad una quota fissa la τ d > τ s, dove d sta per dinamico e s sta per statico.
Si è osservato che in condizioni dinamiche, lo stato di sollecitazione non ha una distribuzione uniforme sulla sezione del filo. La sollecitazione aumenta in prossimità della superficie interna della spira, il fattore K tiene conto di questo fatto. Tale fattore dipende dal rapporto di avvolgimento c, cioè dal rapporto tra il diametro medio e il diametro filo. Minore è c e maggiore è il fattore K.
Esistono diverse formule per il calcolo di K, la più usata è K= (4c-1)/(4c-4))+(0,615/c).
Questo spiega perché la sollecitazione teorica cambia se si considera un uso statico o dinamico della molla.
A titolo d’esempio riportiamo la fotografia della sezione di un filo di una molla rotta, si osserva che l’innesco a rottura è avvenuto sulla superficie del filo interna all’avvolgimento.
Concludiamo dicendo che per ogni materiale è definita la sollecitazione ammissibile, in percentuale del carico di rottura (Rm). Tale coefficiente varia da materiale a materiale e tiene conto e cambia se la molla subisce un pre-snervamento o meno.
Un buon progettista deve sincerassi in prima analisi, che la sollecitazione teorica alla quota di lavoro più esigente, sia inferiore alla sollecitazione ammissibile.
Si laurea in ingegneria elettronica al Politecnico di Milano nel 1992. Dal 2000 lavora al Mollificio Valli come responsabile tecnico commerciale.
Acquisisce negli anni una consolidata esperienza nell’ambito del calcolo e degli aspetti tecnici legati alla produzione delle molle.
Da sempre appassionato di matematica e statistica, ha avuto modo di applicare le sue conoscenze nelle tecniche statistiche di controllo, negli aspetti metrologici e in generale in ambito pratico nei casi di problem solving e miglioramento continuo.