LA PALLINATURA CONTROLLATA: METODI E PRECISIONE

LA PALLINATURA CONTROLLATA: METODI E PRECISIONE

Parliamo dei parametri che definiscono la pallinatura, il cui controllo dovrebbe garantire la ripetibilità del processo. Si parla quindi di pallinatura controllata.

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È evidente che l’obbiettivo di questi parametri è la possibilità di ottenere uno stress residuo di natura compressiva il più possibile uniforme, su tutte le molle del lotto pallinato e per tutti i lotti pallinati nel corso del tempo, cosa che rappresenta il fine ultimo della pallinatura.

 Analisi della diffrazione ai raggi X nel processo di pallinatura

Dal punto di vista scientifico l’unico metodo riconosciuto a livello internazionale, per misurare lo stress residuo è la diffrazione a raggi x. Nello specifico si parla di interferometria a raggi x e per eseguirla serve un diffrattometro, cioè una macchina che crea un fascio di raggi x, che viene convogliato sulla superficie da misurare. La lunghezza d’onda dei raggi x è simile alla distanza interatomica degli atomi del reticolo metallico. Quando il fascio incide sulla superficie del metallo viene riflesso dalla superficie esterna del metallo e rifratto dai piani cristallini che si trovano più in profondità.

Applicazione della legge di Bragg nella pallinatura

I primi a studiare questo fenomeno all’inizio del secolo scorso, furono i Bragg (padre e figlio), che elaborarono la legge di Bragg, che governa l’interferometria a raggi x. Nel dettaglio la legge di Bragg è:

nλ =2dsin(ϑ)

dove:

  • ϑ (theta) è l’angolo che il fascio uscente forma col piano cristallino.
  • λ (lambda) è la lunghezza d’onda della radiazione
  • d è la distanza tra due piani adiacenti
  • n è un intero positivo e definisce il multiplo delle lunghezze d’onda.

pallinatura controllata - diffrazione raggi x

 

Il cammino tra il raggio riflesso dalla superficie e quello rifratto dal piano cristallino sottostante a distanza d, dipende da d stesso e dall’angolo ϑ, che a sua volta è legato a α dalla relazione α+ ϑ=90°.

La legge di Bragg definisce il legame tra la distanza dei piani cristallini (d) e le caratteristiche del fascio (ϑ, λ). Se conosco l’angolo di incidenza e la lunghezza d’onda determino la distanza d, sulla base della figura d’interferenza che il diffrattometro crea. Nel diffrattometro ho una parte emettitore, che “spara” i raggi x e una parte ricevitore che raccoglie i raggi riflessi/rifratti e tramite un software crea la figura di diffrazione.

Il ruolo della diffrazione nell’ottimizzazione della pallinatura

La diffrazione è un fenomeno tipicamente ondulatorio, le onde elettromagnetiche, quali i raggi x sono, si propagano nello spazio con un andamento sinusoidale. Ipotizzando l’esistenza di un fascio di onde sinusoidali, quando queste incidono sulla superficie da misurare, vengono riflesse (superficie esterna) e rifratte (piani cristallini sotto la superficie). Queste onde vengono catturate dal ricevitore, a seconda del cammino effettuato le onde risultano in fase, in opposizione di fase, più tutte le combinazioni tra questi due stati opposti. Quando le onde sono in fase si sommano perfettamente (interferenza costruttiva), al contrario quando le onde sono in opposizione di fase si annullano (interferenza distruttiva). Dopo l’elaborazione del software si crea una figura di diffrazione, che presenta una serie di picchi, dove l’interferenza è costruttiva, cioè dove si sommano l’onda riflessa e rifratta il cui cammino si è allungato di un multiplo finito della lunghezza d’onda del raggio inviato sulla superficie. Talle allungamento dipende dalla distanza dei piani cristallini (d) e dall’angolo d’incidenza del raggio sulla superficie da misurare (ϑ)

pallinatura controllata - Interferenza costruttiva

Interferenza costruttiva

 

pallinatura controllata - Interferenza distruttiva

Interferenza distruttiva

Se conosco d per un materiale non pallinato e misuro sempre d sullo stesso materiale pallinato, rilevo di quanto i piani cristallini superficiali si sono avvicinati, a causa dell’effetto compressivo della pallinatura. Il tutto viene poi trasformato in una sollecitazione compressiva (Mpa).

pallinatura controllata - Interferenza

Figura d’interferenza

Nell’immagine soprastante è visibile una figura d’interferenza, in cui i picchi corrispondo alla posizione dei piani cristallini in relazione al doppio dell’angolo che l’emettitore forma con la superficie da ispezionare (2 ϑ).

Misurazione dello stato di tensione residua

La catena di considerazioni che conduce a misurare lo stato di tensione residua indotto dalla pallinatura, è abbastanza articolata. La sequenza è la seguente.

  1. Si misurano i picchi sul materiale non pallinato e di quello pallinato. Lo stato di sollecitazione di una superficie pallinata, provoca un incremento dell’angolo (2 ϑ), a parità di medesima lunghezza d’onda (λ). In verità per praticità al posto di ϑ, si preferisce misurare ψ, che è riferito alla direzione normale della superficie di misurare.pallinatura controllata - tensione residua
  2. La distanza angolare tra due picchi corrispondenti allo stesso piano cristallino, definisce la deformazione ε, legata alla tensione/sollecitazione σ tramite dalla ben nota legge di Hooke (σ=E* ε).
  3. Il problema va analizzato nella tridimensione, quindi lo stato di sollecitazione include 3 ε (εx, εy, εz) e 3 σ (σx, σy, σz).
  4. Combinando le 3 equazioni lungo le tre direzioni x,y,z, si ottiene una relazione numerica che definisce la sollecitazione in relazione al gradiente di variazione dell’allungamento ε, che a sua volta è in rapporto all’angolo d’incidenza sulla superficie da misurare. La relazione contiene anche E (modulo di Young) e ν (coefficiente di Poisson). Per dare un’immagine a questa definizione un po’ criptica, riporto qui di seguito un esempio.

pallinatura controllata - grafico

I limiti della diffrattometria in contesti di pallinatura

I limiti della diffrattometria a raggi x sono legati alle caratteristiche della superficie da analizzare. Se la superficie è piana non c’è alcun problema, ma se la superficie è curva, come capita nei fili tondi usati per le molle a compressione, la curvatura influisce negativamente sull’affidabilità della figura di diffrazione. Questo fenomeno rende praticamente impossibile eseguire un’analisi attendibile ai raggi x per fili di diametro inferiore a 2,5 – 3 mm.

I costi legati all’esecuzione di un’analisi diffrattometrica e/o agli investimenti necessari per creare gestire un impianto, rendono questo strumento di verifica poco usato in ambito industriale. Mentre resta sicuramente utile nelle analisi di rottura e nei test metallografici, specie nei prodotti piani.

Di conseguenza per la pallinatura delle molle a compressione, non potendo usufruire di uno strumento d’indagine pratico e veloce per la valutazione dell’efficacia della pallinatura, si definiscono parametri empirici che servono per monitorare il processo di pallinatura.

Tali parametri sono:

  • I gradi Almen.
  • Il grado di ricopertura.
  • Diametro, forma e durezza dei pallini.

 

Comprensione dei gradi Almen nel contesto della pallinatura

Parliamo ora dei gradi Almen, la prova Almen è una prova empirica per cercare di misurare l’energia d’impatto dei pallini sparati dalla pallinatrice. Dato che qualsiasi approccio di natura teorica si scontra con problemi di misura delle variabili coinvolte, si preferisce usare una prova pratica, cercando di uniformare gli elementi coinvolti, per garantirne la ripetibilità.

Il test Almen: uno standard nella valutazione della pallinatura

Per eseguire una prova Almen servono i seguenti elementi:

  • Provini certificati. Si tratta di rettangoli di metallo con spessore, dimensioni e durezza specifici. Il materiale è un SAE1070 CRS temprato, equivalente ad un C67 EN10132-4, con durezza compresa tra 44-50 HRC
  • Un portaprovino, che serve per vincolare il provino in 4 punti a distanze prefissate.
  • Un comparatore per misurare la freccia d’inflessione del provino, in micro pollici (25.4 x 10-6 mm).

In pratica la prova Almen consiste nell’inserire un provino montato sul portaprovino, nella pallinatrice, tenendolo in una posizione fissa, esposta al flusso dei pallini. A seguire si aumenta progressivamente il tempo di pallinatura. Dopo ogni ciclo di pallinatura si misura l’inflessione del provino.

Infatti l’effetto dell’impatto dei pallini sul provino è effettivamente quello di farlo incurvare (inflessione). Intuitivamente è comprensibile che esista una relazione proporzionale tra l’altezza d’inflessione e il tempo di pallinatura. La logica sottostante al fenomeno suggerisce il paradigma più pallino più deformo e quindi maggiore è l’inflessione.

Questo è vero in un certo intervallo, perché dopo un certo valore l’inflessione smette di crescere e si stabilizza.

Quanto spiegato a parole ben si visualizza con la cosiddetta curva di saturazione.

pallinatura controllata - curva di saturazione

curva di saturazione

Come si vede il grafico nella prima parte è quasi lineare e successivamente inizia a incurvarsi, fino  araggiungere di fatto un andamento costante. Per covenzione la misura dell’inflessione che rappresenta l’intensità di pallinatura, è il valore di freccia (desumibile dalla curva) che realizza il 98% il totale dell’inflessione.

Come detto le piastrine dei provini hanno tute la stessa dimensione, ma differenti spessori.

Diversi tipi di pallinatrici e la loro adattabilità

È intuitivo comprendere che essitono pallinatrici “piccole” e “grandi” con conseguente energia d’impatto molto diversa. Ne consegue che gli spessori dei provini crescano in rapporto alla taglia energetica della pallinatrice.

Nella pratica i provini hanno 3 spessori , che caratterizzano la tipologia dei gradi Almen (N,A,C).

pallinatura controllata - spessori

I gradi Almen N sono per pallinatrici piccole, diciamo quelle ad aria compressa con pallini ceramici o di vetro.

Le pallinatrici con pallini di acciaio per molle con diametri di filo non superiori a 9-10 mm, usano i gradi A.

Le pallinatrici “pesanti” usano i gradi C.

Per le pallinatrici con turbina a velocità costante i gradi Almen identificano l’intensità di pallinatura dell’impianto. Le pallinatrici ad inverter o ad aria compressa con pressione variabile, sono in grado di coprire una serie di gradi Almen in rapporto alla velocità della turbina o alla pressione dell’impianto. Infatti l’intensità di pallinatura dipende dall’energia cinetica del flusso di pallinatura. Se cambio la velocità dei pallini cambia l’energia cinetica e quindi l’intensità. Solo in impianti con pallini a velocità variabile, posso cambiare l’intensità.

I gradi Almen definiscono la taglia energetica dell’impianto di pallinatura, cosa diversa è la definizione dei tempi di palinatura. I tempi di pallinatura fanno parte del Know-how di ciascuna azienda e sono definiti cercando il giusto compromesso tra le dimensioni della carica (kg) e il raggiungimento di un adeguato grado di ricopertura, evitando il fenomeno dell’overpeening.

Valutazione del grado di copertura

Il grado di copertura come dice la parola stessa misura l’estensione della superficie pallinata. Si verifica visivamente con l’aiuto di un microscopio con un ingrandimento di almeno 50x.

Una volta definita la superficie d’ispezione si verifica l’estensione della superficie improntata (dai pallini) in rapporto alla superfice ispezionata. L’obbiettivo è avere un grado di copertura del 100%, ovvero tutta la superficie risulta impattata da un pallino.

Si parla di superfici ricoperte al 150-200%, quando sono visibili le impronte sovrapposte si più pallini.

Il grado di copertura è direttamente dipendente dal tempo di pallinatura, maggiore è il tempo di pallinatura e maggiore la copertura, perché aumenta la probabilità che uno o più pallini impattino sulla superficie interessata.

Prevenzione dell’overpeening per una pallinatura controllata

La scelta del tempo è determinante per garantire una copertura adeguata. Attenzione a non esagerare, perché il rovescio della medaglia è il fenomeno dell’overpeening, cioè della pallinatura eccessiva. In questo caso la pallinatura ha effetti più deleteri che benefici, la superfice iper-impattata tende a sfogliarsi e si formano intagli che sono potenziali punti d’innesco di cricche.

Qui di seguito si trova un grafico esplicativo dell’effetto dell’overpeening sull’alluminio per impieghi aeronautici. Il numero di cicli a fatica in ordinata sono riferiti a cicli di flessione piana, misurati su una lastra vincolata ad incastro, sollecitata a flessione alternata, applicando un carico all’estremità libera.

pallinatura controllata - resistenza a fatica

Le percentuali che compaiono sono riferite al grado di copertura.

Il know-how essenziale nella pallinatura controllata

Il tempo di pallinatura è un compromesso di natura tecnico-economica. Deve essere sufficiente a raggiungere i requisiti di copertura (>100%), evitare l’overpeening ed essere economicamente vantaggioso, cioè adeguatamente corto per ottimizzare i consumi energetici e di graniglia, senza compromettere il raggiungimento dell’obbiettivo prefissato.

La scelta dei tempi fa parte del know-how di ogni azienda. Al Mollificio Valli i tempi di pallinatura sono il risultato di un’analisi che copre tutti i parametri di una pallinatura controllata, oggettivamente misurabili:

  • Grado di copertura (microscopio ottico assistito da software specifici).
  • Controllo dei pallini in ingresso per taglia e durezza.
  • Test a fatica sui campioni pallinati, utilizzando corse atte a indurre la rottura prematura, sulla base della verifica effettuata con il diagramma di Goodman.
  • Controllo periodico dell’orientamento del fascio.
  • Verifica periodica dei gradi Almen dell’impianto.

La selezione dei pallini: un aspetto cruciale della pallinatura

La graniglia utilizzata per eseguire la pallinatura è l’agente fisico attraverso cui avviene la conversione dell’energia cinetica in energia di deformazione, a cui corrisponde lo stato compressivo sub superficiale che vogliamo ottenere sulle molle.

Il mantenimento delle caratteristiche geometrico-dimensionali dei pallini è tra i fattori chiave, per garantire la ripetibilità della pallinatura. Questo aspetto viene garantito in primis dal sistema di vibrovaglio incorporato nella pallinatrice, che esclude dal ricircolo i pallini danneggiati o usurati, le cui dimensioni scendono sotto un valore stabilito.

A monte di questo c’è la qualità dei pallini utilizzati, in termini di durezza minima e dimensioni effettive. Questi fattori vengono tenuti monitorati con adeguati controlli in ingresso.

 

La differenza tra la pallinatura e la pallinatura controllata, quale è il processo in essere al Mollificio Valli, risiede nel monitoraggio periodico di tutti i fattori che concorrono a realizzare la pallinatura. Anche quelli che apparentemente sembrano rimanere costanti